Il papavero nei campi di fronte al cimitero

Quando ero piccola a Baggiovara, il mio paese, qualche giorno prima del 25 aprile passava di casa in casa Della Rosa, il presidente del partito comunista, a vendere le bandiere di carta della liberazione e i miei, i nonni e gli zii ne prendevano una ciascuno, facevano l’offerta al partito e poi il tricolore stava attaccato con lo scotch al cancelletto dell’entrata almeno fino al primo maggio e quando la toglievamo rimaneva un po’ il segno giallo della colla.

Della Rosa mio padre lo chiamava il sindaco di Baggiovara anche se non lo era per davvero, perché eravamo sotto il comune di Modena; ora è seppellito proprio di fronte ai miei e spesso lo vado a trovare e gli porto un papavero rosso, quando lo trovo nei campi di fronte al cimitero.

Il giorno della liberazione per noi è sempre stata festa grande perché ci siamo liberati del fascio e abbiamo avuto la democrazia, diceva mia nonna e io non capivo bene che cosa volesse dire, ma sentivo sotto la pelle che aveva ragione e con quella consapevolezza, con quell’idea ci sono cresciuta, la resistenza ha sempre fatto parte del mio sangue e della mia pelle.

Crescendo ho capito meglio, la storia me l’ha insegnato, l’attualità mi ha mostrato che il fascismo non è mai sconfitto una volta per tutte e che c’è sempre bisogno di resistenza, di lotta per la libertà, di rimanere umani e giusti, accoglienti e vigili.

I cancelletti dei miei genitori e dei miei nonni non esistono più, ma appese alla finestra degli zii e alla mie la bandiera di carta della resistenza continua ad esserci ogni 25 aprile, è una questione di famiglia, di sangue e di pelle, di resistenza, di rimanere umani.

Buona festa della liberazione a tutt*! ❤️✊🏼