Pensieri di mare, sale e luce

Ultimo giorno a Bellaria. Ho passato molto tempo in compagnia di Nooteboom e del suo 533 Il libro dei giorni che mi sta piacendo da matti, è una analisi fine e importante di ciò che lo circonda e credo che apprezzare un libro così contemplativo ma allo stesso tempo maestoso sia indice di una certa saggezza ormai. Lui descrive la natura e la natura allo stesso tempo descrive lui.

Sulla sdraio un po’ ho dormito, strano, direte voi, e un po’ ho osservato e ascoltato. Ho visto che molte persone quando vanno a fare la doccia dopo il bagno in mare lasciano aperto il rubinetto, senza curarsi dello spreco. Ho sentito anche un ragazzino che, dopo un gavettone inaspettato da parte di un amico, l’ha insultato urlandogli gay! e negro!. Per dire… E l’altra mattina ho fatto una lunga passeggiata sul lungomare e ho visto un bagno il cui bagnino aveva scritto sul pattino non salire!, sugli scogli non salirci! e sull’ultimo scoglio che delimitava il mare aperto non oltrepassare! Tutte le scritte erano fatte con una grossolana bomboletta spray nera. In questi giorni abbiamo mangiato insalate greche, fritti misti, toast e hot dog, bif e cuori di panna, Massi soprattutto riso in bianco e banane, che dopo l’ospedale deve stare attento. Ci siamo immersi nel casino del luna park, la Torre Saracena purtroppo l’ho vista solo da lontano, i gabbiani quest’anno sono particolarmente allegri, il trenino mi ha fatto venire tante idee per il racconto che scriverò al laboratorio con Rossana Campo a fine agosto, non vedo l’ora e all’Isola dei Platani ho visto tanta burinita’, ma anche un signore anziano che spingeva con fatica la carrozzina della moglie e sorridevano entrambi felici. Jimmy per fortuna ieri sera non era più triste, ha regalato a Benny e a Lety il solito braccialetto della fortuna, che è una garanzia per trascorrere un buon anno a Modena. Di notte ho fatto sogni così incredibili che vorrei avere un Tonino Guerra a cui raccontarli, come faceva Fellini che gli telefonava al mattino e così è nato Amarcord. In centro a Bellaria ho preso cose bellissime e preziose per la nostra casa rinnovata e una gonna francese nera con le cuciture dorate che brillano e un anello a forma di infinito ma anche di onda infinita. Mi manca solo di raccogliere sassolini e conchiglie da mettere nel barattolo degli amuleti del 2019 e poi siamo pronti per ripartire. Grazie mare! È proprio vero che sei la cura di (quasi) tutto.

𝒩𝑜𝒾  

Impermeabilino, infradito e iPhone nella tempesta

Sto dormendo fino allo sfinimento, ogni volta che posso. Mi sdraio e penso a ciò che ho vissuto, o leggo un attimo, poi gli occhi si fanno pesanti, la testa leggera e dormo. Non mi è mai successo, il senso di controllo che dovevo sempre avere sulla mia vita si è allentato moltissimo e adoro questo concedermi di poter scomparire così, nel sonno, di non essere sempre presente ovunque, di lasciare che tutto il resto proceda da solo per un po’, senza preoccupazioni. E comunque sono anche molto stanca… gli ultimi mesi sono stati stupendi, ma anche complessi e c’è voluta tanta energia vitale e molto controllo delle emozioni per tenere tutto in equilibrio. Adesso vivo un momento felice in cui gli equilibri fondamentali sono già stabiliti e io posso concedermi il viaggio verso la vera me, che poi altro non è che il prendere sempre più parte al bello attorno.

In questi giorni piove. Ieri, appena ha iniziato, sono uscita con le infradito e il mio impermeabilino a fare foto con l’iPhone. Tutti si riparavano e si chiudevano in casa, io ormai faccio spesso il movimento contrario, mi apro, esco, guardo, imparo, contemplo. Ho una fiducia assoluta, raramente mi chiudo per proteggermi.

Quanta bellezza abbiamo attorno!

🌪 e il bagnino fischiava col fischietto per avvertirmi di non entrare in acqua! 🌪

Jimmy re, vialetto del cuore e summer pride

Fra mille peripezie siamo riusciti ad arrivare al mare.

Mamma mia, che umidità! Guarda, che nugolo di zanzare, uffa! L’anno prossimo vediamo, se tornare qui……… e lo diciamo da 14 anni, poi torniamo sempre, perché la Riviera è qualcosa che ti entra dentro e ti senti a casa.

Jimmy, ricordate? Il venditore ambulante del Ruanda, quello dei braccialetti della fortuna, ieri sera era stranamente seduto su una panchina del parchetto, di solito ti viene incontro, e scriveva cose in thailandese sul cartoncino dei braccialetti. Mi ci sono seduta accanto, cosa scrivi?, Niente, parole a caso in thailandese, mi aiuta quando sono triste…, Perché sei triste?, Perché stasera non posso mangiare e poi mi manca tanto Marilina, mia moglie… Siamo rimasti vicino a lui per un po, abbiamo parlato del più e del meno perché lui non voleva più mostrare tristezza e malinconia, tutti i lavoratori stagionali che passavano per tornare a casa a piedi o in bicicletta lo salutavano, Ciao Jimmy! Ciao grande! Buonanotte re!, e lui aveva un sorriso e una battuta per tutti. Vogliamo molto bene a Jimmy, molto. E anche a Marilina. E mi piacerebbe tanto che Jimmy fosse davvero il nostro re.

Per il resto procediamo a suon di spiaggia, insalate greche, prosciutto e melone e bomboloni alla crema. E io dormo tantissimo, mai successo in vacanza di addormentarmi così, ovunque. Anche oggi starei a letto tutto il giorno, se non fosse che c’è il summer pride a Rimini ed è un appuntamento ormai irrinunciabile per noi.

Ecco la solita foto di rito di me nel vialetto del cuore, quello in cui Benny si è sbucciata il ginocchio a due anni e in cui ho sentito per l’ultima volta la voce di mio padre. Da tre anni faccio questa foto come rito di riconoscenza e di cambiamento.

Dire le cose belle, soprattutto quelle

Mi piace tanto camminare in ospedale la sera tardi, quando non c’è più il brulichio della giornata e puoi vedere i corridoi vuoti senza che qualcuno ti compaia all’improvviso dietro e ti incalzi col suo passo. E io cammino lentamente, certa che vedrò cose belle che non ho mai notato, nonostante passeggi in quell’ospedale da molti anni ormai. Dopo quasi 5 giorni di ricovero di Massi ho iniziato a sentire il reparto in modo familiare, conosco il profumo del sapone in bagno, il rumore che fa la porta tagliafuoco quando sbatte, intuisco l’ora dalla luce che penetra dal fondo del corridoio, riconosco gli zoccoli di alcuni operatori prima di vederli in viso.

Massi oggi pomeriggio mi ha scritto un messaggio “Francesco mi ha appena chiesto di te, come stai, Bene, sta arrivando! Evviva, così la saluto!”. Francesco è il giovane infermiere che era di turno quando siamo arrivati in reparto, Massi a bordo del suo letto a rotelle e io che mi affrettavo per tenere il passo dei due che lo hanno traghettato da un reparto all’altro. Una era la stessa signora che dieci anni fa ha accompagnato Benny in sala operatoria insieme a Leopoldo, il suo orsetto; l’ho riconosciuta subito, ricordo molto bene le sue parole, che benedizione oggi, poter accompagnare una bambina così bella! Bè, tornando a Francesco, è delizioso, ha sempre una parola per tutti, dice che le persone sono lì con tutto il loro carico di sofferenza e un sorriso, una battuta, un pensiero fanno la differenza. Ha ragione! Stasera quando mi ha vista è venuto subito a salutarmi, mi sembrava di essere tornata a casa! E l’ho detto anche al primario, Marcello, che è comparso mentre io e Massi leggevamo qualche poesia di Arminio in sala d’attesa Tutti si lamentano, dottore, ma io le voglio proprio dire che siete tanto gentili in questo reparto, bisogna smetterla di dire soltanto ciò che non va, è indispensabile dire anche le cose belle. Soprattutto quelle! e a Marcello le mie parole hanno fatto tanto piacere, l’ho visto dai suoi occhi. Un encomio speciale per Francesco, ho aggiunto e lui mi ha raccontato che Francesco fa parte del gruppo degli infermieri precari che arrivano, assunti dalle agenzie interinali, a coprire le ferie estive degli sconosciuti colleghi. Viene dalla Sicilia.

Marcello il primario lo vedi a qualunque ora. Una volta stava mangiando un frutto in corridoio mentre un collega gli parlava, un’altra volta stava avvitando non so cosa con un cacciavite dietro al bancone dove ci sono i computer, ma soprattutto lo trovi all’improvviso in stanza, anche se è già passato per le visite, che ti chiede come stai. Ai pazienti, prima. A volte anche ai parenti, dopo.

E poi nella prima stanza c’è un signore molto anziano, allettato, sua nipote che fa la wedding planner ogni giorno sta da lui molto tempo, un po’ è preoccupata, un po’ le scappa un sorriso perché suo nonno ormai è famoso nel reparto. Non lo vedi, ma lo senti perché ha l’udito affievolito e parla fortissimo, in dialetto. Stamattina si sentiva Stai fermo, nonno! e lui Ma dove vuoi che vada! in dialetto modenese. Poi canta i canti degli alpini e ogni tanto dice portatemi in collina, portatemi in montagna…

Spero che Massi torni a casa presto e ovviamente lo spera più di tutto lui, che, passato il dolore, inizia ad essere un po’ stanco e avvilito. Ecco perché gli ho portato delle poesie, sono la cura che arriva dove la chimica non può.

Io vado e vengo dall’ospedale. Oggi mi sono fatta le unghie di un rosa che più lo guardo più mi chiedo perché?!, avete presente il rosa Big Babol? Ecco, quello. A casa mi tiene compagnia l’ispettore Barnaby in replica perpetua su Giallo e ovviamente Pipi, Miri e Tino. Domattina anche Pipi va dal dottore, lui non lo sa ancora.

À bientôt!

▫️ Reparti di ospedale ▫️

Da dove sei abbracciami!

Caro Pinno,

sono passati tredici anni da quando sei partito più o meno definitivamente. Sei lontano da me, ma non abbastanza per dire che non ci sei più. E spesso ti sogno. Ogni anno penso che tu sia diventato qualcosa di diverso! Un anno un gabbiano, un altro anno il Cimone, sempre Roberto di Pieve, quest’anno in particolare credo che tu sia molto nel Rondò Veneziano che mettevi a buco sulla Multipla mentre andavamo chissà dove. Così ieri al cimitero ti ho portato i fiori che ho scoperto in Grecia e anche un po’ di Rondò.

Sai che mi sono sposata? Ah, sì, è vero: c’eri, me l’ha detto anche la Glory che vi ha sentiti, tu e la mamma. Benny sta bene, molto, ma anche questo lo sai, perché noi tre abbiamo la stessa leccata nei capelli e quindi certe cose si sentono prima e anche a distanza. So che ti piace molto e non solo perché è la tua nipotina. Mi sarebbe piaciuto che conoscessi Massi, a volte lui mi parla di te come che ti conosca, ti sente attraverso me. Non ti nascondo che sono anche un po’ incazzata con te e mi sembra di vedere il tuo mezzo sorriso sornione mentre te lo dico, io però incazzata rimango. Diciamo che con te e la mamma ho imparato ad assumermi la responsabilità di tutto ciò che faccio per evitare che le mie non scelte e le mie fughe le debba pagare la Benny. Forse un giorno mi passerà, lascerò andare, per ora però accanto al mi manchi c’è anche un leggero ziocanta, come dice sempre Caio. Ecco, forse sei, siamo anche un po’ Caio!

Abbracciami Papà.

L’odio

L’odio

Wisława Szymborska

Guardate come è sempre efficiente,

come si mantiene in forma

nel nostro secolo l’odio.

Come gli è facile avventarsi, agguantare.

Non è come gli altri sentimenti.

Insieme più vecchio e più giovane di loro.

Da solo genera le cause

Che lo fanno nascere.

Se si addormenta, il suo non è mai sonno eterno.

L’insonnia non lo indebolisce, ma lo rafforza.

Religione o non religione –

purché ci si inginocchi per il via.

Patria o no –

purché si scatti alla partenza.

Anche la giustizia va bene all’inizio.

Poi corre tutto solo.

L’odio. L’odio.

Una smorfia di estasi amorosa

gli deforma il viso.

Oh, quegli altri sentimenti –

malaticci e fiacchi.

Da quando la fratellanza

può contare sulle folle?

La compassione è mai

giunta prima al traguardo?

Il dubbio, quanti volonterosi trascina?

Lui solo trascina, che sa il fatto suo.

Capace, sveglio, molto laborioso.

Occorre dire quante canzoni ha composto?

Quante pagine ha scritto nei libri di storia?

Quanti tappeti umani ha disteso

su quante piazze, stadi?

Diciamoci la verità:

sa creare bellezza.

Splendidi i suoi bagliori nella notte nera.

Magnifiche le nubi degli scoppi nell’alba rosata.

Innegabile è il pathos delle rovine

e l’umorismo grasso

della colonna che vigorosa le sovrasta.

E’ un maestro del contrasto

tra fracasso e silenzio,

tra sangue rosso e neve bianca.

E soprattutto non lo annoia mai

Il motivo del lindo carnefice

sopra la vittima insozzata.

In ogni istante è pronto a nuovi compiti.

Se deve aspettare, aspetterà.

Lo dicono cieco. Cieco?

Ha la vista acuta del cecchino

e guarda risoluto al futuro –

lui solo.

(Opera di Banksy)

Giovane poliziotto con pappagallo in mano, Massi, Teresa, vibrazioni…

Stamattina all’alba ho dovuto chiamare il 118 perché portasse Massi al pronto soccorso dopo una notte dolorosissima e delirante in cui si era resa sempre più evidente l’ipotesi temutissima e schifata della ripresa di malattia. La sua malattia. Quella con cui convive da 9 anni, scoperta per caso dopo settimane di malessere, che gli ha portato via da un’ora all’altra 14 centimetri di intestino e lasciato per ricordo una cicatrice lunghissima. Massi ha il morbo di chron, una malattia autoimmune che aggredisce e pian piano distrugge l’intestino, un pezzetto alla volta. Da 9 anni ogni giorno prende un numero imprecisato di medicine, per alcuni anni si è fatto tutti i mercoledì sera una puntura nella coscia di un farmaco biologico che rallenta la progressione del morbo e quindi distanzia gli interventi chirurgici. A marzo ha iniziato una nuova terapia perche quella di prima non era più efficace. Deve stare molto attento all’alimentazione e da un po’ pensiamo di eliminare quasi completamente la carne… Insomma, cose così. Cose di cui lui non si lamenta mai, come che sia tutto normale e a posto e in effetti per lui è normale così.

Bè, vi stavo dicendo, stamattina all’alba per la prima volta è arrivata l’ambulanza a casa nostra e dovevate vedere come Pipi sfidava l’infermiere, per alcuni minuti ho pensato che stesse per attaccarsi pure alla sua caviglia, poi per fortuna è uscito in balcone. Una volta partiti, io mi sono velocemente vestita, ho pulito la lettiera dei gatti, chiuso le finestre, preso la cartella clinica di Massi, che poi cosa la prendo sempre a fare, che tanto in ospedale hanno tutto, infilato un libro in borsa e afferrato un maglione, che al pronto soccorso si gela e via, verso Baggiovara. Mentre cercavo di far aprire le porte, le fotocellule mi vedono sempre in ritardo, quante volte ho rischiato di inzuccarmi, ho notato la nostra ambulanza parcheggiata nell’accesso diretto al PS accanto ad un’altra ambulanza. Dentro molti poliziotti. In certi momenti però vedi le cose, ma ti fai poche domande. Massi aveva molto male, si contorceva sulla barella e l’hanno preso velocemente in carico, continuavo a vedere dei poliziotti e un po’ iniziavo a chiedermi perché… Mentre Massi era a fare le lastre è passato davanti a me un giovane poliziotto imbarazzato con un pappagallo in mano (sapete cos’è il pappagallo, no?) e poco dopo l’ho incontrato di nuovo perdendomi alla ricerca del distributore dell’acqua, erano in due, accanto ad un signore molto anziano, ferito, arrivato con l’ambulanza gemella di Massi. Ho distolto subito lo sguardo, per rispetto e pudore, non potevo sapere. Aspettando la TAC, in uno dei rari momenti di connessione al pronto soccorso, ho scorso facebook e la prima notizia mi ha raggelato il sangue: all’alba Teresa, una signora di 77 anni, è stata accoltellata dal marito 88enne che poi si è a sua volta ferito, ha nascosto il coltello sotto al lettone e ha telefonato al figlio… Era malato di demenza senile, Teresa aveva paura di lui… Teresa dal PS era stata trasferita all’obitorio.

Giovane poliziotto con pappagallo in mano, 88enne confuso, qual è il suo nome poi?, Teresa, coltello, Massi, Chron, puzza di disinfettante, aghi, dottori, polizia, muri bianchi, bagni di ospedale, barelle, ambulanze, tragedie piccole e grandi…………………….

Massi è stato ricoverato, io sono caduta come una pera cotta nel parcheggio dell’ospedale e un automobilista mi ha evitata ma non si è neppure fermato per soccorrermi e nonostante tutto ridevo perché probabilmente l’ultima volta che mi sono sbucciata il ginocchio è stato alle elementari, sono andata ugualmente a yoga e ho meditato sul fatto che siamo esseri vibrazionali, vibriamo attraversati dai suoni, dalla vita, dal silenzio, ma a volte smettiamo di vibrare e allora è morte e la morte a volte sopraggiunge ben prima dell’ultimo respiro.

Nota del giorno dopo aver scritto: Domenico si chiama, il marito di Teresa.

Fiume, foglia, nuvola, pietra, muschio, lucciola

Oggi guardo e ascolto la pioggia che cade nel bosco e lo faccio con molta passione, perché mi rendo conto che a questo punto della mia vita ho tanto bisogno della natura e di ciò che ha da raccontarmi. Non so bene come è accaduto, ma mi sento molto fiume, foglia, nuvola, pietra, muschio, lucciola.

E sono qui da sola, per la prima volta. Non sono abituata a stare senza Massi, ma credo di cavarmela molto bene, per fortuna. E lo amo tanto anche perché per lui non c’è problema se gli chiedo di stare da sola, anzi. Sa che cosa mi fa bene ormai.

Così come lo so sempre meglio anche io, che cosa mi fa bene e non è mica scontato. Ho imparato a tenere le distanze giuste dalle persone e dalle situazioni e mi immergo tendenzialmente soltanto in ciò che mi rimanda amore. Di tutto il resto non mi assumo più la responsabilità, lascio andare. Scelgo. E perdono il mio sentirmi in colpa rispetto a ciò che lascio. Dopo tanti anni a volte mi sento ancora cattiva, ma pazienza se non sono una brava bambina. L’importante è che io sia felice!

➰ Il bosco di Ospitale, Fanano ➰

Storie all’ospedale, ricordi e salti

Qualche parola in ordine sparso e luminoso sul week end appena trascorso.

Sabato ci siamo beati in un luogo di quelli che non ti aspetti, in un quartiere di Modena un po’ così, poco raccomandabile, dove a sentire la gente che parla al bar, ma anche qualche politico, nella migliore delle ipotesi provano a venderti quintali di droga e nella peggiore ti violentano e ti uccidono lasciando il tuo corpo di fianco alle rotaie del treno. Modena, stazione di Modena, per Carpi Suzzara Mantova si cambia!!! Ebbene, in questo piccolo edificio inaspettato, con un giardino inaspettato anche lui pieno di lucine e candele e fiori e collanine create con tanto amore, abbiamo mangiato e bevuto cose buonissime con le due ragazze che hanno accettato la sfida di creare bellezza dove non te l’aspetti e ci raccontavano le loro storie di incontri e integrazione e fiabe. Nella strada davanti al locale, dei bimbi avevano disegnato una settimana a terra coi gessetti e sono tornata subito bambina, quante ne abbiamo saltate io e l’Allina! Pomeriggi interi a gettare il sasso, saltare, tornare indietro e raccogliere in bilico, su un piede solo, il sasso e poi via, di nuovo. E sabato sera ho saltato, il mio vestito di paillettes viola era brillantissimo, i capelli volavano e mi è venuto un fiatone… La gioia si misura anche in salti!

Ieri invece ho passato diverse ore al pronto soccorso per un morsicotto abbastanza importante di Pipi, il mio fulmicotonico e infeltrito dolce gattino di 18 anni. L’ho pestato al buio, ovviamente senza volere e lui per risposta mi ha piantato i canini nella caviglia, io che pensavo che fosse ormai senza forze e indifeso. All’ospedale ho osservato tanto. Un signore ha usato il telefono pubblico! Non vedevo più una scena del genere da anni e anni. Ha infilato la moneta, ha composto il numero e ha detto forte Ho finito, vienimi a prendere poi ha messo giù ed è andato via. Ricordo le lotte per impedire che venissero tolte le cabine telefoniche! Alcune le hanno lasciate e dentro ci sono piccole biblioteche o disegni colorati fatti con lo spray da chissà chi. Che bei ricordi, quei suoni di monetine che cadevano, i plof dei tasti, il rumore metallico di quando riagganci la cornetta. C’era anche un uomo di una certa età che giocava col cellulare ed era tutto un pliiin, gong, ciccc, wrushhhhh e Massi gli è andato a chiedere se per favore poteva abbassare. Ha tolto la suoneria ma poi ha deciso di telefonare al nipotino e gli ha chiesto, anche lui a voce altissima, se voleva più bene al nonno o alla nonna, al papà o alla mamma e altre cose che non sono riuscita a capire… Non credo che per questo ci sia una cura. Seduta al centro dello stanzone c’era anche una signora anziana con un codice bianco, era in attesa da ore, raccontava a quasi tutti quello che le era successo e ogni volta aggiungeva un particolare, un dolore, una solitudine, una scintilla. Dopo quattro ore si è andata a lamentare dall’infermiera alla reception, che L e ha detto che sapeva che avrebbe aspettato molto e poteva andare anche il giorno dopo dal medico di base, la signora le ha risposto piccata per la poca importanza che le era stata attribuita bè, allora mi date poi anche la cena stasera, a forza di aspettare e se n’è andata. E una coppia, lei stava molto male… Mentre lui era andato un attimo al bar l’infermiera ha chiamato dentro la moglie. Quando è tornato gli ho detto che lei era dentro, lui si è seduto accanto a me, l’ho guardato, gli ho sorriso e lui non credo di aver voglia di entrare, gli ho sorriso ancora, alla fine è entrato. Una ragazza dietro di me esclama nella mia direzione gli uomini, che poco coraggio che hanno! e io, senza voltarmi, forse è semplicemente stanco e triste di continuare a vedere la moglie soffrire, lei non stava per niente bene. Silenzio.

Storie.

Stamattina il mio amico corriere mi ha finalmente consegnato una collanina che ho fatto fare appositamente da un’artigiana, dentro al ciondolo trasparente c’è il pizzo che avevo nei capelli al tulleday. Se non è un amuleto potente questo! Mi ha portato anche un altro pacchettino, questo inaspettato, un regalino tardivo di matrimonio che mi ha inviato Ilaria, una amica conosciuta in facebook e ancora mai incontrata. Un quadrettino delizioso fatto a mano da una artista e con un filo di metallo dorato piegato a formare la parola noi.

L’amore è sutura,

non benda.

Non scudo

sutura. M. Cvetaeva

A tutta la paura avremo risposto con la meraviglia

“A tutta la paura avremo risposto con la meraviglia”, dice Sara Gamberini, la scrittrice di Maestoso è l’abbandono, che se non l’avete letto dovete rimediare il prima possibile.

E io sto pensando già da qualche settimana a tutta la paura che ho avuto per decenni, ne ho già scritto. Forse ci ripenso tanto perché ora è lontana e posso permettermi di pensarla senza il terrore di evocare immediatamente qualcosa che la riaccenda. Gli amuleti servono molto per disperdere la paura, ma anche le fotografie incorniciate, gli aperitivi con le amiche, il silenziare l’iPhone quando suona ed è una persona che non voglio sentire, così come l’andare da sola in montagna, accarezzare i gatti, preparare la sangria e lavorare con tanti sorrisi. In questo modo un concorso può anche andare meno bene di quello che speravi perché ti rendi conto che finalmente è spuntata la forza di allargare lo sguardo e costruire i cambiamenti necessari. Anche il cambiamento infatti è una potente arma contro la paura perché se si cambia la tristezza non ci trova più al solito posto ad aspettarla e pian piano non ci cerca più, o quasi.

Sto investendo in desideri profondi, in parole e fiori. Felice week end!