Caro Pinno,
sono passati tredici anni da quando sei partito più o meno definitivamente. Sei lontano da me, ma non abbastanza per dire che non ci sei più. E spesso ti sogno. Ogni anno penso che tu sia diventato qualcosa di diverso! Un anno un gabbiano, un altro anno il Cimone, sempre Roberto di Pieve, quest’anno in particolare credo che tu sia molto nel Rondò Veneziano che mettevi a buco sulla Multipla mentre andavamo chissà dove. Così ieri al cimitero ti ho portato i fiori che ho scoperto in Grecia e anche un po’ di Rondò.
Sai che mi sono sposata? Ah, sì, è vero: c’eri, me l’ha detto anche la Glory che vi ha sentiti, tu e la mamma. Benny sta bene, molto, ma anche questo lo sai, perché noi tre abbiamo la stessa leccata nei capelli e quindi certe cose si sentono prima e anche a distanza. So che ti piace molto e non solo perché è la tua nipotina. Mi sarebbe piaciuto che conoscessi Massi, a volte lui mi parla di te come che ti conosca, ti sente attraverso me. Non ti nascondo che sono anche un po’ incazzata con te e mi sembra di vedere il tuo mezzo sorriso sornione mentre te lo dico, io però incazzata rimango. Diciamo che con te e la mamma ho imparato ad assumermi la responsabilità di tutto ciò che faccio per evitare che le mie non scelte e le mie fughe le debba pagare la Benny. Forse un giorno mi passerà, lascerò andare, per ora però accanto al mi manchi c’è anche un leggero ziocanta, come dice sempre Caio. Ecco, forse sei, siamo anche un po’ Caio!
Abbracciami Papà.