Quante me sono passate da questo vialetto,
il vialetto di mio padre.
Il vialetto su cui Benny ha imparato a camminare e su cui si è sbucciata per la prima volta un ginocchio, quello che percorrevamo per andare al mare che mio papà era ancora vivo e poi non c’era più. Sempre lo stesso, ma io sempre diversa. E c’è stata la me che fissava il pino marittimo e lo sapeva a memoria, la me che non avrebbe voluto andare al mare ma ci andava, altrimenti che cosa avrebbe detto la gente, però il bagno no, troppo fredda l’acqua, troppa gente attorno, il sole troppo caldo, una di queste volte svengo, non è possibile continuare a venire in questo posto, sempre lo stesso, pieno di gente maleducata e con la padrona di casa invadente, la me sovraeccitata e la me depressa, la me che non ha mai notato i gabbiani che ridono fino a quando ha capito che probabilmente papà è diventato uno di loro, le persone strabuzzano gli occhi quando lo dico ma cosa ci devo fare, sono quasi certa che sia andata esattamente così, la me che aveva bisogno di tutto e poi di niente, perché alla fine ha tutto ciò di cui ha bisogno e anche di più, la me che si sentiva brutta e poi bella e poi ancora brutta fino a quando non ha più avuto bisogno di sentirsi in alcun modo ma solo di essere se stessa e basta e allora è anche bella, senza se e senza ma.
Adoro la mattina presto quando porto a spasso Pasqualino e c’è solo la solita coppia che fa colazione al bar accanto a noi e dice che tenerezza! ma non ha mai chiesto niente, le pagine del giornale consumate dal sole e bagnate sulla sdraio, il profumo di salsedine e la ghiaia del parco di Villa Panzini, il color giallo senape delle bandiere delle borgate dei pescatori, le vongole, Benny e Giulia che lavano i piatti dopo pranzo, il vialetto di mio padre con quella luce che trovo solo lì, la visionarietà dei Romagnoli che un po’ è anche la mia, la gratitudine per il sole e per quel blu, quello, sì, avete capito.
Oggi mio papà avrebbe compiuto 74 anni.
Un gabbiano ride. È lui, ne sono certa. Buon compleanno papà!
