Ritirarsi nelle proprie di〰️stanze

Ogni tanto mi ritiro nelle mie di-stanze e sparisco un po’, non me ne rendo molto conto se non quando mi dico oh, ma sono quasi due settimane che non scrivo su Comequando! e allora eccomi, non voglio lasciarvi troppo sol*, non voglio lasciarmi troppo sola.

Oggi piove, bene! i fiori al cimitero che di solito sono in pieno sole avranno un po’ di pace, il sole è una benedizione ma stanca anche molto.

Negli ultimi giorni ho pensato tanto all’empatia, caratteristica preziosa di chi non sta sempre bene dentro di sè e allora esce, va incontro agli altri come che siano la cosa più bella del mondo ed è così e a volte si torna anche a sè con più bellezza ed energia. Sei empatico quando hai sofferto molto e non puoi fare i conti sempre e solo con te stesso altrimenti saresti già morto dentro e a tanti accade così. Sei empatico quando la tua pelle è sottile sottile e tutto in un certo senso ti riguarda, soprattutto il bene altrui, il bene di persone, animali, piante,

è un sentire sottile ma potentissimo,

non riesci a vivere come che niente sia, come che esista solo tu, come che attorno non ci siano tanti egoismi e tristezze.

Nozze di carta

Io e Massi abbiamo festeggiato le nozze di carta, nella gioia e nel dolore,

stiamo aspettando che venga a vivere insieme a noi Pasqualino, uno specialissimo dolce randagio del canile e personalmente ho tantissimo bisogno di vedere il mondo anche con occhi di cane, soprattutto i suoi, perché Pasqui è sempre felice nonostante tutto, come una Pasqua, dopo aver passato la settantena a guardare il mondo con occhi di gatti e di fiori,

domani andrò per la prima volta a donare il sangue e mi viene la nausea solo a pensarci, ma credo che tutto ciò che è in nostro potere fare perché in questo mondo si viva meglio, vada fatto,

la mia Benny si è fatta i capelli verdi e per me è stupenda,

aspetto, ma cerco di non trasformarmi in attesa di compiutezza, perché sono già e molto me stessa e va davvero bene così.

Un sentire sottile ma potentissimo…

Considerazioni di fine sessantena in ordine sparso

In questa sessantena sono andata su e giù col trenino delle emozioni, ho fatto moltissime cose che mi hanno riempito le giornate e ho pensato anche che avere tutto a portata di mano a casa era bellissimo, amici con le videochiamate e messaggi a flusso costante, lezioni di yoga on line, tempo per leggere, pensare, sperimentare, progettare il dopo, cucinare, ascoltare, interpretare, immaginare, ricordare,

oggi invece penso che gli ultimi giorni sono stati davvero difficili per tutta una serie di motivi e sono molto contenta di poter tornare nella mia Modena, domani. Ne ho bisogno, di quei portici e quei marmi.

In questa sessantena ho ritrovato dentro un armadio la bomboniera del mio battesimo, l’aveva conservata la Nonnina e mi sono accorta che nel buco della ceramica aveva arrotolato e spinto il bigliettino che si mette insieme ai confetti nel tulle, Cristina Cattini 17 aprile 1976, che emozione ritrovarmi scritta lì, ero davvero io, su un pezzettino di carta stampato più di 44 anni fa e questo è stato il filo conduttore di questi molti giorni surreali, la ricerca continua di me.

La me che impara a fare la marmellata, che si fa la tinta anche se aveva detto che no, non l’avrebbe mai fatta, la me che sa che tutto è un’opportunità e che accoglie, non subisce mai, la me che cerca di andare oltre le cose nette e definite senza paura e che sa trovare linguaggi per (quasi) tutti, la me dell’amore al di là del losmarino, quella dei gatti e dei fiori, la me che riprende a scrivere dopo settimane che non lo faceva perché aveva bisogno di una vita di nuovo intera, al riparo dalla paura,

quella che ha una storia importantissima da custodire, la sua.

Salvezze

Ci ha lasciato anche il maestro Ezio Bosso ed è tutt’oggi che penso a ciò che diceva, che la musica gli ha salvato la vita, la vita intesa come tutto ciò che ti accade dopo che ti sei reso conto che cosa te l’ha salvata e la morte non significa che la vita non è salva, dipende da ciò che c’è stato prima.

Paradossale, lo so, ma credo proprio che sia così.

E quando sai che cosa ti ha salvato la vita, e le arti sono parecchio salvifiche, inizi a vivere davvero e vuoi salvare tutte le vite che puoi, come in un contagio benefico, vuoi salvare i randagi prima di tutto, persone o animali o idee non importa e poi la bellezza in tutte le sue forme. Vivendo al meglio la tua vita, anche quando è difficile, sgangherata, dolorosa, metti in salvo, è il movimento nascosto di tutte le cose che evolvono, un fiore che sboccia salva, la musica salva, la gratitudine e la gioia salvano, i libri, i legami profondi e autentici, tutto ciò che è compiuto con amore salva.

Rispettare le distanze

Quando inizio a vivere la vita al posto degli altri significa che mi sono un po’ persa di vista e che la ferita della randagia ha ripreso a sanguinare.

Lo capisco quando mi sento ferita da ciò che gli altri fanno o spesso non fanno. Significa che vivo in base alle aspettative, non a ciò che sto creando e vivendo io per prima. È una grande responsabilità vivere la propria vita e non quella di altri ma è indispensabile per essere felice e per me felicità equivale all’essere me stessa e nessun’altra.

Devo sempre ricordarmi, da grande empatica come sono, che c’è una grossa differenza fra il vivere la vita degli altri e l’esserci. È tutta una questione di distanze e quella giusta non è mai troppo da vicino, altrimenti rischi di scambiare alcuni particolari per il tutto.

Vorrei imparare i nomi di tutti gli uccellini che sento cinguettare la notte quando chiudo le finestre prima di andare a letto e anche quelli dei fiori che profumano di più e piantarli sul mio balcone! Ecco come una randagia torna in sè, come si riappropria della sua felicità e per fortuna in questa quarantena ormai sessantena ho avuto i miei gatti e i miei fiori.

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Non credo più all’amore al di là del losmarino

Non credo più all’amore che tutto sopporta, tutto crede, tutto spera, tutto copre, quell’amore che cerchi fuori di te, chissà dove.

Credo invece tantissimo all’amore per la me ritrovata, quella con cui ho il piacere di convivere da cinquanta giorni e più senza fughe, senza distrazioni, una porta spalancata sulla vera me senza possibilità di indietreggiare, di fuggire, perché spesso le occupazioni quotidiane abituali sono fughe, diventi la tata di, l’amica di, la sorella di, la mamma di, la moglie di, la comunista di, la stronza di, la bella di, la sfigata di, l’ingenua di ma tu non ti fermi quasi mai a dirti davvero chi sei.

E a parte la comunista e la sfigata di, sono tutte queste cose e molto di più, sono me e mi trovo davvero bella. So fare la marmellata di limone e losmarino (che è poi il rosmarino, ma mia nonna diceva lo-smarino e per me lo-smarino sempre sarà), so mettere a posto tutte le mie scarpe in un organizer ordinato su amazon dopo anni che le buttavo sotto il comò senza criterio, so chiedere aiuto se ne ho bisogno, so uscire di notte per annodare un nastro rosso al tronco di un albero a cui chiedo protezione ma so proteggermi anche da sola, so essere attesa e silenzio, caos e allegria, problema e soluzione, cincia e gatto, lavanda e basilico, profumo di tiglio e odore di benzina, so essere e fare tantissime cose che dicono chi sono anche se non molti lo capiscono davvero e ormai ho la certezza che va bene così.

Mentre scrivevo siamo entrati nella fase 2 di questa emergenza che ha stravolto le nostre vite, io però ho diversi grazie da dire a quello stronzo del covid-19 e profumano tutti di losmarino.

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