93 metri quadri

Continuo ad appendere fiori alla porta, sto rendendo abitabile ogni centimetro di questa casa perché spesso i metri reali che vivi non sono quelli che risultano sulla carta; quando eravamo quasi sempre fuori casa a parte i week end probabilmente abitavamo realmente una ventina di metri sui novantatré che sono, ora è tutto pensato, desiderato e scelto, riorganizzato e amato, dallo stendino che è diventato verticale perché così in balcone ci sta la sdraio, le cucce dei gatti, il tavolino, tutti i miei fiori e adesso anche la roba che si asciuga. In sala la maggior parte dello spazio è libero per srotolare quotidianamente il tappetino e fare yoga. Alle pareti ho cambiato le foto nelle cornici e ho tirato un filo di lucine e mollette a cui appendo foto delle persone che amo, fiocchi, biglietti, amuleti e tutto quello che mi fa stare bene vedere. Ho acquistato candele con nuovi profumi e la lampada di sale rosa è sempre accesa. Sono finalmente riuscita a fare decluttering pesante nei miei armadi, alcune cose le ho buttate mentre altre le ho tenute ed ho aperto un negozietto vintage tramite una app che mi ha consigliato la mia amica Anto e nel negozietto stanno passando molte persone a vedere; i vestiti che vorrei vendere sono pezzi amati che fanno parte della mia storia, di tutti ricordo i momenti in cui li ho usati, ma è bene fare spazio, rimettere in circolo, lasciar andare. Tutto serve a mantenere l’equilibrio, il proprio centro, il flusso costante fra ciò che arriva e ha bisogno di spazio e ciò che lasciamo andare e che spazio lo genera. Il silenzio, la terra dei fiori, il profumo di bucato, la cura, di spazio ne fanno tanto, così come il non reagire alle provocazioni, i sorrisi, la gentilezza nonostante tutto.

Stamattina finalmente dopo quarantasette giorni di covid-19 il tampone del mio amico Seth è negativo.

Le cose importanti se ci pensiamo non sono poi tante.

Collage di Rui Pihno

Il grigio non è un colore

Con le patatine Crik Crok di Barozzini sotto casa ho scoperto, o meglio riscoperto, che il sapore dei miei pomeriggi al cinema da ragazzina è quello della paprika, che allora mi pareva piccantissima e anche trasgressiva, perché mia mamma le patatine non me le faceva mai mangiare a casa e nemmeno mi piacevano molto in realtà, poi non so cos’è accaduto.

Quando stamattina ho visto che pioveva ho provato un desiderio grandissimo di andare a respirare quel profumo che fa la pioggia quando piove su terra e asfalto, mi sono messa il cappello impermeabile che era della Nonnina e ho fatto un giro diverso per andare in edicola e a fare la spesa, sono salita fino al Santuario, senza mascherina perché tanto in giro con la pioggia che cadeva non c’era nessuno, sontuosità di profumo, il viburno, la fotinia, il sambuco, un mondo di colori perché il grigio non è un colore (Gianni Montieri) e poi ho indossato la mascherina e sono andata a trovare la Madonna, ho acceso una piccola luce e ho provato a spegnere lo stoppino come sempre ma ovviamente la mascherina ha impedito il soffio e l’ho dovuto sventolare su e giù e ridevo molto da sola. Chissà se avrò il tempo di considerare la mascherina un tutt’uno con la mia faccia… onestamente spero di no.

Un altro profumo che mi piace tanto in questa quarantena, ormai cinquantena e poi sessantena e poi chissà, è quello della carta di giornale! Leggere giornali di carta e non online è un lusso sontuoso, anche questo. Niente però batte lavanda+basilico del mio orto.

No filter (e si vede)

Staffetta partigiana Gilberta

La Gilberta era la mia vicina di casa, classe 1912, ed era stata una mondina a Pavia e una staffetta partigiana in montagna, era nata a Varana, un minuscolo paese nel comune di Serramazzoni (Mo) e a Serra la Gilby faceva anche la balia. Quante chiacchierate sul balcone, amava molto raccontarmi com’erano stati quegli anni e a me piaceva tanto ascoltarla perché nel suo piccolo aveva contribuito a fare la storia della Liberazione e ne andava giustamente molto fiera. Aveva incontrato suo marito mentre era a Pavia come mondina e si sono innamorati subito, lui poi è stato partigiano combattente, con la moglie avevano nascosto e protetto tanti ebrei, furono membri dell’ANPI della prima ora e con la Gilby hanno girato fieramente tutta l’Italia con le loro bandiere finché hanno potuto, perché lui dopo la fine della seconda guerra mondiale è andato in Belgio come minatore e si è ammalato di infezioni ai polmoni e con gli anni è peggiorato. Nel frattempo però non hanno perso occasione di raccontare che cosa era stato il fascismo e che cosa significava liberazione, resistenza, lotta. Con la liberazione soprattutto la Gilberta aveva scoperto che poteva dire ciò che pensava, era libera di avere idee e opinioni e le voleva esprimere, come partigiana e anche come donna e sappiamo che non è semplice parlare da donna e da liberale. Neppure oggi lo è e io ne so davvero qualcosa.

La Gilby è morta l’estate di due anni fa. Stupendo questo 25 aprile da balcone a balcone, a ricordare la Gilby con sua figlia e a condividere il fatto che c’è ancora tanta, tantissima resistenza da fare.

Un, due, cinque, STELLA! Rossetto e liberazioni.

Noi la attaccavamo con lo scotch al cancello, i nonni all’inferriata della finestra della cucina, in alto e gli zii anche loro all’inferriata. Passava Della Rosa, quello che noi chiamavamo il sindaco di Baggiovara ma che sindaco non era perché il paese era sotto Modena, a vendere le bandiere di carta per celebrare la Liberazione verso il 15 aprile e io da piccola credevo che ci fosse una legge che diceva che tutti dovevano esporla, la bandiera, poi crescendo ho capito che non per tutti la Liberazione è un giorno da ricordare e da celebrare, anzi e ci sono rimasta molto male e ho capito che cosa significa resistenza, essere resistenti, essere etici e avere valori che vanno al di là di ciò che è comodo.

Quest’anno anche noi abbiamo la nostra bandiera di carta attaccata con lo scotch allo scuretto in alto, che tutti possano vederla e sono molto fiera della Resistenza di ieri ma anche della nostra di oggi.

Stamattina mentre facevo colazione sentivo in lontananza dei bimbi che giocavano, un, due, cinque STELLAAAAA, poi sono passata da Ivan il libraio e gli ho detto che vetrine pulite che hai!, dall’Elisa la giornalaia e ho preso il dvd di Casa Vianello e poi dal macellaio e in fila ho conosciuto un sacco di persone e ho visto la Patty, una signora tanto cara amica di mia suocera, che mi ha detto guarda Cristi, ti faccio vedere una cosa perché so che ti piacciono molto questi lavori… e si tira su la mascherina, guarda, sotto la mascherina mi sono messa il rossetto, me lo metto sempre, tanto poi la butto via! Mi sembra giusto così, se dobbiamo ripartire bisogna farlo per bene!

Grande Patty!

Oh bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao

Happy birthday to me 💕

La vita si misura dall’intensità con cui si vive, scriveva Luis Sepúlveda, morto di covid19 ieri

e io posso dire di vivere tutto con una gran intensità, la gioia, il dolore, la sorpresa, la noia, l’insensatezza e anche la felicità che sto provando ora, perché questo compleanno in questo periodo delirante, doloroso, surreale, incazzoso è uno dei più belli che abbia mai vissuto.

Mi sembra di vedere tutto per la prima volta, nuovo e quando non dai più niente per scontato allora tutto acquisisce un valore inestimabile che in giorni normali non sempre riconoscevo.

In questo ultimo anno ho imparato ad essere la madre di me stessa e mi sto riconciliando con mia mamma a distanza, con la morte in mezzo che altro non è che amore, sempre . Ho imparato a rimettermi al mondo ogni volta che ne sento il bisogno e ho tanti grazie oggi dentro al cuore per i vostri piccoli grandi aiuti.

Ho scelto questo dipinto di Frida che credo renda benissimo il concetto di partorirsi e ripartorirsi, di rinascere e di non dare mai per scontato di averlo fatto una volta per tutte.

Grazie a tutt* voi per i pensieri, gli auguri, i cuoricini, soprattutto grazie a Benny e a Massi ♥️

Frida Kahlo

Ti auguro occhi di Pasqua…

In questo post francamente ciancio, lo devo ammettere, non ho qualcosa di particolare da scrivere ma ho tante cose che ho visto e ascoltato che mi sono piaciute oggi e poi vi voglio proprio fare gli auguri di buona Pasqua, di buone resurrezioni, in questo momento ne abbiamo più bisogno che mai.

Stamattina Gaetano durante la pratica pasquale ci ha guidato nella riflessione sul fatto che ci troviamo in un momento stra-ordinario e il mondo ci chiede di essere straordinari, di vivere le nostre solite cose piccole e semplici con atteggiamento straordinario e lo trovo un pensiero che fa davvero la differenza, mi è sempre piaciuta la stra-ordinarietà. In un momento in cui siamo fortemente di passaggio (la parola ebraica pesach da cui deriva il termine Pasqua significa passare oltre) e sospesi fra un mondo che conoscevamo fin troppo bene e uno che ci riserva tantissime incognite il ricordarci di essere straordinari credo che sia un augurio speciale e lo giro a tutt* voi.

Poi la Frency (se non avete letto di lei in Sorrisi e magoni dalla terapia intensiva dovete recuperare subito) mi ha detto che oggi il pranzo di Pasqua al personale in prima linea contro sto covid dei me cojoni l’ha portato niente di meno che il nostro super chef Bottura, scaricava lui le scatole dal furgoncino e il personale gli ha regalato una tuta bianca di quelle che usano loro per proteggersi con tutte le loro firme e lui ne è stato felicissimo e anche un po’ commosso. Mi è piaciuta tantissimo questa cosa, ma ormai mi conoscete e lo sapevate già.

Chiudo questo post con il pensiero con cui Gae ha chiuso la nostra pratica e mi raccomando, passiamo oltre.

Ti auguro occhi di Pasqua capaci di guardare nella morte fino a vedere la vita, nella colpa fino a vedere il perdono, nella separazione fino a vedere l’unita, nelle ferite fino a vedere la gloria, nell’uomo fino a vedere Dio, in Dio fino a vedere l’uomo, nell’io fino a vedere il tu.

📷 Sunvibes 🌸🌺🌷

Decluttering (a volte inverso)

Anche io inevitabilmente in questi giorni di quarantena faccio ordine e pulizia, faccio spazio fuori ma anche e soprattutto dentro, che non è mai facile, si dice decluttering, fare ordine gettando via, liberarsi di polvere, oggetti, negatività, idee tossiche, presenze ingombranti…

Ieri per me non è stata una buona giornata, a volte mi sembra di dare troppo e che torni indietro molto poco, ormai mi conosco, quando scattano questi pensieri è perché sono stanca, scelgo io liberamente ciò che voglio donare e so benissimo che quanto ricevo è spesso molto di più di quanto ho dato anche se si tratta di cercare bene, di guardare molto attentamente, ieri infatti i loro grazie me li hanno detti i boccioli di peonia, quelli dei tulipani e Ste, ed è vero, ero stanca, stamattina infatti ho dormito fino alle dieci e quaranta, Massi è venuto a vedere se stavo bene.

Stamattina invece è accaduta una cosa meravigliosa! Sono scesa in garage perché cercavo un portavasi di ferro da appendere alla ringhiera in balcone, volevo fare la cuccia sospesa a Tino che è talmente curioso che sta in bilico sulla ringhiera per osservare chi passa. Il portavasi non l’ho trovato, ma in mezzo alle stratificazioni decennali di oggetti, pellicce, libri, cartoni, vasi, valige, giocattoli, favole, quadri ho ritrovato il tagliere di legno di mia madre, quello su cui avevo stampato diversi non mi rompere col timbro di Poochie, la cagnolina bianca e rosa che avrei tanto voluto avere e poi ho ritrovato anche i tre volumi sulla città di Modena che regalava la banca lustri fa a Natale, erano nella camerina piccola dalla Nonnina, quella in cui dormivo quando non c’erano i miei e mi piaceva moltissimo sfogliarli, la mia città ho imparato ad amarla anche così. Ora tagliere ed enciclopedia sono in casa, dalla mia vita sta uscendo tanto non necessario ma la me bambina sta tornando sempre di più a casa e non è più così randagia.

Varie ed eventuali dalla quarantena

Scrivo ancora dalla mia sdraio nascosta nel mio orto sul balcone e oggi qui c’è un grosso problema: un topo ha scavato la tana nel parchetto e scorrazza incurante dei vecchi che lo guardano dai loro balconi e che chiamano l’amministratore condominiale che dovrà venire venerdì con le buste di topicida, anzi giovedì dicono, l’amministratore ha appena telefonato a quell’altro del primo piano, viene giovedì e poche storie, poteva anche venire prima, dicono.

Poco fa mi ha telefonato Andrea, il mio amico assicuratore, era in fila per entrare alla coop, lui sta a Bologna e mi ha chiamata per chiacchierare un po’, ha fatto benissimo ed è stato superlativo quando mi ha detto che di lavoro ne ha molto ma ha deciso di andare in ufficio solo al mattino perché al pomeriggio si vuole occupare di Penelope, la sua bimba di quasi tre anni, non gliel’ha chiesto sua moglie, giuro, ha deciso lui perché è giusto così e nemmeno me l’ha detto è giusto così, l’ha fatto e basta e io sono tanto orgogliosa di lui per la passione con cui vede il mondo (tutte queste cose non gliele ho dette e non credo che legga il blog, un giorno gliele dirò, prometto).

Stamattina invece alla coop ci sono stata io e ho fatto una fila di mezz’oretta, davanti avevo un signore molto carino col quale ho parlato fino all’entrata, hanno saltato la fila due ragazzi, uno con una divisa arancione catarifrangente e l’altro in borghese ma col viso sconvolto, l’unico che si è lamentato a gran voce sperando che qualcun altro abboccasse e facesse casino è stato un ragazzo senza una mano che la fila aveva provato a saltarla almeno quattro volte ma quando io ho detto che probabilmente erano medici o infermieri e che la coop ha messo la regola che loro possono entrare direttamente si è messo tranquillo dietro di me a sputare nel tombino della fogna e almeno taceva. Il signore molto carino per quel che si poteva vedere da sotto la mascherina era abbronzatissimo, mi ha detto che sta in collina e dietro ha un bosco, c’è solo lui e anche se non si potrebbe al pomeriggio passeggia nel bosco e recita il rosario, gli ho detto che fa benissimo e lo credo veramente, questo mondo si salverà certamente attraverso le preghiere laiche, religiose e amorose di tutti noi. Alla fine della spesa nel parcheggio del supermercato mentre caricavo le sporte nel baule mi è apparsa a due metri di distanza la mia vicina, quella che mi parlava dal suo balcone l’altro pomeriggio mentre facevo chandra namaskar, mi voleva comunicare che presenterà un esposto ai vigili urbani per quel gatto grigio che vede sempre correre attorno a casa, le ho chiesto se per caso si riferisse a Tino ma no, non ce l’ha con lui, ha paura che sto gatto grigio si nasconda dentro al bidone della spazzatura ed esca all’improvviso mentre lei butta il suo sacco, anche a lei ho detto che fa bene a fare l’esposto perché credo davvero che in questa quarantena surreale ciascuno debba cercare di essere felice a modo proprio, facendo ciò che gli/le riesce meglio.

Mostra temporanea in casa mia

Sorrisi e magoni dalla terapia intensiva del policlinico di Modena

Da diversi giorni volevo scrivere questo post e oggi lo faccio, lo faccio perché all’alba la Frency mi ha mandato questa foto, era smontata dal turno di notte nel reparto di terapia intensiva del policlinico di Modena e oltretutto io me l’ero anche appena sognata, allora oggi devo proprio scrivere della telefonata che le ho fatto dieci giorni fa.

Aveva scritto continua a scrivere! sotto ad un post di Comequando sulla mia quarantena , le ho risposto chiedendole se ci potevamo sentire perché mi sarebbe piaciuto poter raccontare dei malati di sto maledetto covid19 e di chi se ne prende cura da dentro, non solo per sentito dire, lei è infermiera in prima linea, dove i pazienti vengono trattati quando non riescono più a respirare da soli e allora li mettono a pancia in giù, li sedano, li attaccano alle macchine dell’ossigeno, a volte li intubano poi li estubano se pian piano stanno meglio oppure no, se meglio non stanno. Le ho detto Frency, raccontami quelle cose che piacciono a me, quelle piccole e inaspettate, quelle che se ci fai caso diventa tutto più luminoso, più lieve…

Siamo state al telefono più di un’ora, mi ha raccontato tantissime cose e io ero in bilico tra l’imbarazzo al pensiero di disturbarla e la commozione per la sensazione di essere là dove passa lei, fra i letti dei malati e io simbolicamente facevo carezze a tutt*, con le dovute protezioni ovviamente, quelle che ti fanno sudare come il 15 di agosto alle 2 di pomeriggio sotto il sole cocente vestita con una tuta da sci. Mi ha raccontato che nonostante la tuta da astronauta, la cuffia, gli occhiali, la mascherina e la protezione di plexiglas sul viso appena entra in terapia intensiva i pazienti che possono parlare la riconoscono subito e le dicono ciao Frency, bentornata! e se io fossi al posto loro piangerei di gratitudine ogni due minuti, forse anche meno e sicuramente anche loro perché dopo che qualcuno ti ha salvato la vita per tanto tempo non riesci più a parlare senza che ti salgano anche le lacrime insieme alla voce e poi molto probabilmente vorrei offrire a tutti gnocco e mortazza (mortadella, ndr) come ha fatto quel giovane operatore del 118 che si è ritrovato in terapia intensiva col covid19 preso al lavoro, è stato molto male ma poi per fortuna pian piano si è ripreso e prima di tornare in reparto ha chiamato sua moglie e ha urlato agli infermieri di turno, fra cui la Frency, ragazzi cosa ne dite se mia moglie va a prendere gnocco e mortazza e li porta qui e festeggiamo tutti insieme? e loro hanno risposto che appena sarà finito questo delirio si vedranno in trattoria a festeggiare, noi emiliani siamo fatti così. Oppure il ragazzo originario di Napoli che, quando anche lui è stato meglio, al telefono con la sua famiglia ha urlato vi saluta tutta Napoli!!! e certamente è così perché dopo che sei resuscitato nelle case non esistono più i muri che impediscono di vedere dentro, tutti si vedono ed è bellissimo così, è come un ex voto sempre davanti a te. Quando le persone arrivano in terapia intensiva hanno la sensazione di soffocare, ma se hai la fortuna di riuscire a resistere e di stare meglio poi il viaggio per uscire non lo scorderai mai più, tu, sul tuo letto a rotelle, spinto da chi ti ha salvato la vita e dietro un OSS che disinfetta tutto quello che gli infermieri toccano per riportarti in reparto e la polizia che blocca con le transenne l’accesso ai corridoi in cui passi e sai di essere salvo ed è una salvezza che non è solo tua, ma anche di tutti quelli che ti sono stati accanto, poliziotti compresi e anche nostra. Poi c’è chi purtroppo non ce la fa e ha il terrore negli occhi e non riesce a capire che cazzo è successo che un giorno stava bene e il giorno dopo non c’è quasi più e anche quella morte è di tutti, lo strazio è di ciascuno e si vegliano con preghiere e dolore le camionette dell’esercito che si allontanano dai cimiteri in cui non c’è più spazio, anche quella morte appartiene profondamente a tutti noi.

Grazie Frency.

Grazie a tutt* quelli che si stanno prendendo cura di noi.

Frency oggi,
Frency il 26 maggio 2019

Tutti quelli che l’amore conduce

Da quando ho fatto l’orto e le giornate sono più lunghe e tiepide vivo in balcone, con i miei occhialoni da sole e un cappello di paglia, versione chic di quello sfilacciato che mio nonno usava ad andare in campagna e con questa luce a me pare tutto un miracolo. Quello che per tanti è limitazione pesante della libertà personale per me è capacità di profondità estrema, senza distrazioni, senza possibilità di fuga. In tempi normali sono sempre di corsa per forza di cose, lavoro, famiglia, incombenze varie, preoccupazioni più o meno gravi, ma anche tante belle occasioni a cui partecipare, persone da incontrare, mi stanco solo a ripensarci, ora invece devo stare qui e mi sono resa conto che voglio stare esattamente qui, nella casa che ho pensato e ripensato con tanta cura, dove tutto e tutti hanno il loro posto e questo posto è di tutti quelli che l’amore conduce, di persona o nel pensiero. E ora tutto scende molto più in profondità, con leggerezza e tempi nuovi.

Ieri mentre ero accovacciata nell’orto ho notato per la prima volta un uccellino che cinguettava fortissimo, bianco e nero, piccolino, affusolato, non era né un passero né una cincia, sono andata a cercare su internet perché non ho ancora un libro degli uccelli per riconoscerli, l’ho trovato, è un Contopus virens, una specie di passerotto che ha imparato a cinguettare fortissimo a causa dell’inquinamento acustico, alzano la voce i Contopus insomma, e ne hanno tutte le ragioni, dovremmo imparare a farlo anche noi e non solamente per delle sciocchezze.

Poi ho fatto yoga, sempre in balcone, con la luce che iniziava a volgere al tramonto, la Simo ci ha fatto fare la prima sequenza di chandra namaskar, la completeremo mercoledì con la luna piena e non vedo l’ora. Ho amato molto yoni mudra, il mudra della calma, della pace e della serenità, il mudra femminile per eccellenza. Da qualche giorno ho iniziato a ripensare a quel gesto costante che faceva mia madre, avvicinava pollice e indice e li tamburellava, li sfregava, li teneva a contatto per un po’ di tempo e spesso, certamente lei non lo sapeva ma era un mudra inconsapevole e io sono cresciuta in compagnia di questo gesto familiare e intimo che ho iniziato a fare senza accorgermene, onde sottili, sigilli di appartenenza e vicinanza, segni, piccole briciole che ti riconducono a casa se ti sei persa.

Le felicità vanno scelte, mai trascurate. Spingeranno, poi spunteranno. Francesca Pachetti

Yoni mudra

La mia prospettiva sul mondo

Era da moltissimo tempo che non ero così felice e questa è davvero la prova che la felicità non dipende da ciò che accade, ma da come si decide di vedere la vita che ti scorre dentro e attorno. Sono certa che qualcuno leggendo queste mie parole si irriterà e mi dispiace, non sottovaluto ciò che sta accadendo, assolutamente, mi impegno solamente ogni giorno perché questo tempo che scorre in modo così diverso dal solito sia sereno e utile.

Oggi ad esempio ho fatto il mio orto verticale in balcone, lo desideravo da anni e il momento finalmente è arrivato. Ho piantato i pomodori, le fragole, la santoreggia, il timo, la menta, la rucola, il prezzemolo, la lavanda e il basilico una accanto all’altro e quando ho sentito il profumo di lavanda insieme a quello del basilico ho capito immediatamente che per me sarà per sempre quello della quarantena, dell’inatteso eppure buonissimo, del senso che puoi trovare al di là di tutto, sempre. La ragazza del vivaio come ringraziamento per l’ordine mi ha mandato anche un tulipano rosso stupendo, come mi sono sentita grata e che bell’eco ha la gratitudine. La mia parola preferita in queste ultime settimane è infatti grazie. Ho chiamato il tulipano Tilde, in memoria di una persona che è scomparsa stanotte.

Oggi mi è anche tornato in mente il profumo di cera della candela che ho acceso nella chiesina ortodossa in centro a Chora in viaggio di nozze, non so assolutamente il perché, forse è una questione di silenzi e penombre, quelle che fanno molta paura in questi giorni che non puoi riempire con altro. Con Massi a pranzo ci siamo fatti una bella grigliata, non lo dite alla sua gastroenterologa, che buona e il lambrusco… non mi vengono le parole!

Il vuoto crea il presupposto per la gratitudine.

La mia prospettiva sul mondo 🌱