La Gilberta era la mia vicina di casa, classe 1912, ed era stata una mondina a Pavia e una staffetta partigiana in montagna, era nata a Varana, un minuscolo paese nel comune di Serramazzoni (Mo) e a Serra la Gilby faceva anche la balia. Quante chiacchierate sul balcone, amava molto raccontarmi com’erano stati quegli anni e a me piaceva tanto ascoltarla perché nel suo piccolo aveva contribuito a fare la storia della Liberazione e ne andava giustamente molto fiera. Aveva incontrato suo marito mentre era a Pavia come mondina e si sono innamorati subito, lui poi è stato partigiano combattente, con la moglie avevano nascosto e protetto tanti ebrei, furono membri dell’ANPI della prima ora e con la Gilby hanno girato fieramente tutta l’Italia con le loro bandiere finché hanno potuto, perché lui dopo la fine della seconda guerra mondiale è andato in Belgio come minatore e si è ammalato di infezioni ai polmoni e con gli anni è peggiorato. Nel frattempo però non hanno perso occasione di raccontare che cosa era stato il fascismo e che cosa significava liberazione, resistenza, lotta. Con la liberazione soprattutto la Gilberta aveva scoperto che poteva dire ciò che pensava, era libera di avere idee e opinioni e le voleva esprimere, come partigiana e anche come donna e sappiamo che non è semplice parlare da donna e da liberale. Neppure oggi lo è e io ne so davvero qualcosa.
La Gilby è morta l’estate di due anni fa. Stupendo questo 25 aprile da balcone a balcone, a ricordare la Gilby con sua figlia e a condividere il fatto che c’è ancora tanta, tantissima resistenza da fare.

Eh sì c’è ancora tanta Resistenza da fare…
La mia prozia aveva tenuto nascosti in casa due partigiani feriti, uno sopravvisse grazie alle cure di un medico che di nascosto lo visitava, l’altro morì e la zia lo murò in soffitta fino alla fine della guerra. Partigiane 💗
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Storie da raccontare, soprattutto ora. La nostra resistenza passa anche da qui
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