2020 randagio

Che anno è stato questo 2020?!

Un groviglio di luci da dipanare e per tanti nodi non ci sono neppure riuscita, pazienza. Con alcune cose bisogna semplicemente imparare a convivere, non si può risolvere tutto.

Il 2020 è stato invaso e buttato all’aria da una pandemia mondiale, la vita di tutti è stata stravolta e tanti purtroppo la vita l’hanno anche perduta. Noi per fortuna non ci siamo ammalati; per Massimo prendere il covid significherebbe un gran casino e non voglio neppure pensarci.

In questo 2020 abbiamo vissuto il ricovero al Sant’Orsola e le cure affettuose di Sandra, la mia prof dell’Università che mi ha ospitata mentre Massi era ricoverato. Con lei ho capito che se avessi ancora una madre sarebbe così, come lei e forse una madre un po’ ce l’ho, è lei, ma anche altre donne stupende che mi sono vicine.

In questo 2020 sono andata da sola a Roma alla presentazione di un libro della Ross e mentre ero là è stato dichiarato il lockdown; le foto del Colosseo al tramonto mi hanno aiutata non poco nei mesi successivi, una l’ho anche appesa in salotto, è il mio rescue remedy ancora oggi.

In seguito al primo lockdown ho perso il lavoro, le tate precarie lo smart working non lo fanno, però ricordo con affetto le mail con l’INPS e i video in cui leggevo ai miei bimbi le Favole al telefono di Rodari.

Ricordo anche i pomeriggi di sole invernale e poi primaverile a leggere sul balcone, la creazione del mio orto nel pallet riciclato, la fioritura della peonia spiata e contemplata giorno per giorno, l’ascolto della vita attorno a me, non avevo mai avuto l’occasione di fermarmi così tanto ad ascoltare. E poi i caffè sul pianerottolo e i magoni condivisi con le persone più vicine, i vicini appunto, che da presenze veloci e quasi impercettibili sono diventati persone insostituibili con cui condividere e saltarci fuori, insieme, oltre le simpatie e i credo politici, la bellezza dell’umanità e basta. Il 2020 delle canzoni sui balconi e dei carabinieri perché non se ne poteva davvero più di tutto quel casino, dei 7 chili in più, è impossibile, ma dove li hai messi?!, dell’andare a fare la spesa nella bottega del paesello in abito da sera, delle serie tv e del prendere confidenza con le mascherine, delle code interminabili alla Coop, dell’ansia di uscire ma anche della voglia di tornare a vivere da viva non da zombie impaurita, dello yoga online ogni giorno e dello scoprire un amore inedito per le persone che avevo accanto, un sentimento e un’emozione mai provati, un esserci gli uni per gli altri che ci unirà per sempre. E ancora l’estate, la vita quasi normale che tornava, l’arrivo di Pasqualino e della Rai, il concorso, la mia solita sfiducia, la randagia col solito buchino dentro, un’altalena continua di emozioni, su e giù su e giù su e giù, le speranze, le attese, di nuovo il lavoro, l’Amore su cui le randagie si fanno almeno mille domande al giorno, le amiche e gli amici e di nuovo il lockdown, prima giallo, poi arancione e infine rosso, come un bel tramonto, solo che ormai neppure io che vedo sempre tutto bello riesco a vederlo bello sto tramonto. Pazienza, avanti pure.

Oggi questo delirante 2020 sta finendo, lo lascio andare serenamente, senza rancore, in fin dei conti non è colpa sua se è successo tutto sto casino. Ci sono state cose belle, soprattutto alla fine, proposte inattese che si sono rivelate regali bellissimi e poi oggi c’è un sole stupendo, una luce incantevole. Entro nel nuovo anno con un sogno che mi porto dietro da tanto e che nel 2021 voglio provare a realizzare, anche lui mi provoca tanti su e giù di emozioni, dal ce la farò e sarà bellissimo al ma chi mi credo di essere, pazienza, sono fatta così, ormai mi conosco!

Vieni pure 2021, sono pronta! Armata di sogni, buchi, lacrime, occhi che brillano, passioni infinite e stanchezze altrettanto infinite, speranze e delusioni, quante delusioni! ma va bene così. Sarà un bellissimo 2021, perché la bellezza c’è sempre, anche quando si nasconde bene.

Non disperarsi per nessun motivo al mondo

Ieri mia mamma avrebbe compiuto 72 anni ed è iniziata la campagna vaccinale contro sto covid demmerda e quindi mi pare che possiamo sperare in un 2021 migliore, ma non ne sono sicura.

Questo è stato un anno faticosissimo, incredibile

in cui ho dovuto imparare a non disperarmi per nessun motivo al mondo, soprattutto verso sera quando sono più stanca e mi dico stacca tutto, non ci pensare più e vedrai che domattina andrà meglio e poi non è che al mattino va davvero meglio, ma almeno ho l’energia per far sì che davvero possa essere così.

Ho dovuto imparare anche che tutto passa e si modifica, per cui a volte basta avere la pazienza di aspettare che le cose passino e nel frattempo rimanere me stessa senza demolirmi come che sia io la causa di ciò che non funziona, non è che ci possiamo sempre dare le colpe di tutto, a volte la vita è brutta e cattiva e basta e non per colpa tua.

Spesso aspettiamo una felicità facile, che ci cada addosso improvvisamente e se così non è allora fanculo tutto, smarriamo il senso di noi e a volte anche il noi, mentre la felicità è fatta da una miriade di gesti e scelte quotidiane anche quando non ci rendiamo conto che la stiamo scegliendo e costruendo e quando arriva non è come vincere alla lotteria, ossia un fatto totalmente casuale, ma perché ce la siamo sudata e meritata. Ci vuole tanta fede in queste faccende qui, fede in noi stessi, anche quando ci sentiamo sbagliati, rotti, lontani, sfortunati, incompleti, matti.

Poi le cose giuste per noi arrivano sempre, magari un po’ in ritardo ma arrivano, basta avere il coraggio di costruirle e poi aspettarle.

Ecco il mio augurio per il 2021: di avere sempre un coraggio gentile e rispettoso, risoluto e pazzo, nonostante tutti gli intralci, covid compreso.

Il mio Natale al riparo dei dpcm, circondata da persone con uno stecco di agrifoglio nel cuore

Spesso i miei articoli sono fuori dal coro e un po’ bastian contrari e questo, visto il periodo, lo sarà certamente più di altri.

Scriverò del Natale e del mio totale disinteresse di non poterlo passare con i miei cari, anzi, per certi versi Conte mi ha fatto un favore a chiudere comuni e regioni.

Non insorgete, ora mi spiego. Non sono una delatrice della famiglia, anzi, me ne sono fatta addirittura due e cerco di essere presentissima e amorevole anche con tutti gli amici più stretti, che considero famiglia anche loro, ma il decreto natalizio non può colpirmi a livello di parenti di primo grado e ora vi dico perché.

Io sono orfana da molti anni, ci ho messo tanto tempo e moltissimo impegno per non farmi mancare i miei genitori il giorno di Natale, quindi ora con sta pandemia mi trovo avvantaggiata, se così si può dire.

Ci sarebbe però la famiglia di mio marito e qui si apre un capitolo quasi più doloroso della mia orfanitudine.

Stiamo insieme ormai da molti anni e siamo sposati da quasi due, ma non abbiamo mai, mai ricevuto un invito per Natale; quando il figlio lo ha fatto presente gli è stato detto che noi possiamo andare da loro quando vogliamo, non abbiamo bisogno di un invito, quindi mai nulla di organizzato, atteso, preparato col cuore, ma solo sì dai, se proprio vuoi vieni. Per anni ho organizzato il Natale io, da noi, non accettavo che loro ci fossero, a differenza dei miei, e che non gliene fregasse nulla di passare le feste con il loro figlio, con la famiglia, io ho bisogno per la mia storia di unire, tenere insieme, creare occasioni per stare bene insieme ma con loro non ci sono purtroppo mai riuscita fino in fondo. Loro sono riusciti ad insegnarmi che ad un certo punto è bene lasciare perdere, io che alla fine bene o male sono sempre riuscita a smuovere anche le montagne, ma con loro no.

L’ultima volta che è venuta lei, 4 anni fa, non ha voluto mangiare quasi nulla a parte una minuscola fettina di arrosto, avevo cucinato per ore come faccio sempre in queste occasioni, per me il preparare con cura il cibo e addobbare casa con luci e profumi sono gesti di amore profondo che però in alcuni casi cadono nel vuoto. L’ultima volta invece che è venuto lui, 2 anni fa, avevo preparato personalmente i tortellini, fatto il brodo di cappone e l’arrosto delle grandi occasioni, spignattavo dalla vigilia e lui si è portato il cibo da casa senza chiedere nulla, una teglia di lasagne oltretutto da cuocere completamente anche se lui diceva che erano solo da riscaldare, per cui siamo stati un’ora e mezza davanti al forno a cercare di riempire l’imbarazzo con discorsi sul tempo e Massimo furioso e muto. Da quel momento ho deciso che non li avrei mai più invitati, erano troppo mortificanti e tossici, ma i natali solo noi rimangono un discreto dolore, è come essere orfana due volte, anzi quattro.

I miei suoceri sono come Scrooge all’inizio del Canto di Natale di Dickens e non credo che miglioreranno mai:

– “Non siate così di malumore, zio – disse il nipote.

Sfido io a non esserlo – ribatté lo zio – quando s’ha da vivere in un mondaccio di matti com’è questo. Un Natale allegro! Al diavolo il Natale con tutta l’allegria! O che altro è il Natale se non un giorno di scadenze quando non s’hanno danari; un giorno in cui ci si trova più vecchi di un anno e nemmeno di un’ora più ricchi; un giorno di chiusura di bilancio che ci dà, dopo dodici mesi, la bella soddisfazione di non trovare una sola partita all’attivo? Se potessi fare a modo mio, ogni idiota che se ne va attorno con cotesto “allegro Natale” in bocca, avrebbe a esser bollito nella propria pentola e sotterrato con uno stecco di agrifoglio nel cuore. Sì, proprio!

– Zio! – pregò il nipote.

Nipote! – rimbeccò accigliato lo zio, – tieniti il tuo Natale tu, e lasciami il mio.”

Ecco il mio Natale al riparo dai dpcm, dove chi amo di più è vicinissimo per fortuna. Rimane però un po’ di invidia per le vostre famiglie più larghe, belle e unite, lasciatevelo dire.

Jim Carrey nel film Canto di Natale (2009)

Inchiodati alle nostre vite

Cucù, eccomi! Perdonate la lunga assenza qui, ma stavo provando a prendere le misure di queste settimane così strane, poco luminose, faticose e per certi versi deliranti che stiamo vivendo, io che all’inizio di questa pandemia mondiale avevo scritto che sarebbe finito tutto presto, come tutte le cose senza cuore, la solita poetica io e infatti il covid è ancora fra noi e ci ha rubato molta della serenità che davamo per scontata prima che arrivasse lui.

È in corso un cambiamento profondissimo, tanto vale assecondarlo e non combatterlo, ma non è facile, lo sappiamo tutti molto bene.

Qualche giorno fa ho letto un pensiero di Chiara Gamberale che mi ha colpita tanto e ha dato una svolta alla mia riflessione.

Eccolo: “In questo secondo lockdown siamo angosciati perché quello che stiamo chiamando pandemia altro non è che la nostra stessa esistenza. Ci preoccupa il fatto che alla fine del tunnel c’è di nuovo la nostra vita: siamo sicuri di volerla ancora? Senza più i palliativi, le distrazioni, gli amici, i viaggi ci ritroviamo a tu per tu con le nostre scelte. Il secondo lockdown ci inchioda alle nostre vite”

e quando ho letto queste parole ho strabuzzato gli occhi, mi sono detta che è proprio così, siamo inchiodati alle nostre vite e non possiamo più condirle con fronzoli e cotillon come facevamo prima, non possiamo più distrarci, dobbiamo per forza guardarle in faccia, queste nostre vite e anche loro ci osservano, inesorabili e i vuoti, i buchi, i dolori si notano molto di più di prima.

Sento tanti amici in crisi, anche io mi chiedo molto spesso come sarà il domani e mi rendo conto che il mio oggi esattamente così com’è non mi corrisponde più completamente, che effettivamente avrebbe bisogno di riflessioni e cambiamenti e questa è la parte più faticosa, più sfidante e complicata,

o forse no. Perché è vero che i cambiamenti fanno paura e mettono un po’ di ansia, ma è altrettanto vero che solo mettendoci in discussione e migliorandoci possiamo continuare a crescere e avere una vita in cui riconoscerci pienamente.

E poi è anche una faccenda di sogni; la vita frenetica di prima forse ci aveva portato a metterli da parte, a pensare che potevano stare nel loro cassettino perché avevamo moltissimo altro da fare e ci andava bene così. Nel silenzio e nell’immobilità di questo periodo invece abbiamo più tempo per ritrovarli e pensare seriamente a come realizzarli, o almeno io lo sto facendo e fra mille non ce la farò mai e altrettanti perché non dovresti farcela mi sto rimboccando le maniche, perché la prima che deve credere in se stessa sono assolutamente io.

disegno da Pinterest