L’amore più grande

Non è vero che se metti la base trasparente sotto lo smalto nero o verde l’unghia non si rovina, è giusto che si sappia, così come non è vero che anche se fai di tutto per proteggerti e fare le scelte giuste poi non soffri lo stesso. Non soffre chi rimane sempre uguale a se stesso, chi fa sempre le stesse cose e cammina sulle stesse strade, chi si veste sempre uguale e ha lo stesso taglio di capelli da decenni, chi si sente a posto così, non ha bisogno di altro e forse in fin dei conti la felicità nemmeno la cerca.

Io invece sono come la luna, a volte ci sono tutta, a volte solo un pezzetto, in altri momenti scompaio e poi torno e così posso essere più recettiva e accogliente ma anche bisognosa di stare da sola e non dovermi occupare di nessuno, così come stabilissima ma anche aperta a tutti i cambiamenti, questa sono io e mi piacerebbe essere accettata così come sono, ma se non è possibile fa anche lo stesso.

Da non molto ho scoperto che l’amore più grande deve essere per me stessa e ora, a parte Pasqualino, più nessuno regge il confronto, leggete bene ciò che ho scritto eh, non partite col giudizio facile, please.

da Pinterest

Non credo di essere fatta per gli equilibri…

Il momento spesso più felice della mia giornata è quando vado a letto con i miei gatti, Pasqualino, i miei libri, facebook ancora aperto per sbirciare fino all’ultimo, la Pepi che fa le fusa tutta la notte, stasera con me c’è La straniera di Claudia Durastanti e tanti pensieri che non si calmano e qualche portone dischiuso qua e là e pure un po’ di smagliature nella mia solita felicità, che poi non sai se racconti perché sei felice o lo fai per diventarlo e te la immagini, la felicità. Anzi lo so: ultimamente la seconda che ho detto. Mi fanno compagnia anche un po’ di tristezza e di delusione, ma non mi fanno paura, mi siedo, resto e le ascolto, hanno tanto da dirmi.

Dopo un grande dolore, viene un sentimento formale, dice la Dickinson nell’incipit de La straniera, mi piace.

Nell’ultima settimana mi sono stati rifiutati due racconti, per dire.

Mi sembra sempre tutto bello e subito dopo tutto difficilissimo, che fatica.

Non credo di essere fatta per gli equilibri…

moi en ce jours…

Giorni buoni, buoni giorni

È da stanotte che la Miranda vomita ovunque, pare l’esorcista, se si riuscisse a misurare il QI agli animali ed esistessero i deficit mentali per loro, lei sarebbe di sicuro psichiatrica, a giugno si è avvelenata mangiando le foglie della peonia, poi dicono che i gatti sono furbi, da qualche giorno invece mangia talmente tanto che poi vomita tutto, bulimica insomma. E io a volte vorrei fare un passo indietro rispetto alla mia complicata famiglia e mi raccomando, la prossima volta che dirò che voglio adottare un altro animale fermatemi, per favore. Grazie. Ieri ho raccolto i semi della peonia e per vedere i suoi fiori sbocciare dovranno passare almeno 10 anni e infatti ho deciso che sarà la peonia Benny, una parte del mio lascito per lei, la mia eredità sarà composta da fiori, animali e libri, lo so già. Gli ultimi giorni non sono stati buoni, la tentazione sarebbe quella di riempirli di cose belle, ma a volte è bene rimanere dentro alle cose senza cercare di migliorarle perché tanto passerà e va bene così, non si può e non si deve trasformare tutto e l’autunno alle porte ce lo insegna.

Ci sono i giorni poco luminosi che nessuno vorrebbe, nei quali si mette in discussione un po’ tutto e tutto sommato sono buoni giorni ugualmente.

Una delle buone abitudini del lockdown, leggere il giornale la domenica mattina

I nazifascismi dentro ciascuno di noi, la vita e la morte

Sottotitolo: leggerina oggi…

Ieri ho avuto una giornata talmente traboccante di bellezza che non riuscivo ad addormentarmi e mi capita spesso e ne sono davvero grata.

Quanti muri mi sono costruita attorno per tanti anni, ma il mondo là fuori è stupendo, è una possibilità di bellezza ogni giorno.

Dopo il lavoro sono corsa a teatro a vedere lo spettacolo Segnale d’allarme. La mia battaglia di Elio Germano e Omar Rashid e al termine dello spettacolo, che abbiamo visto con visore e cuffie perché è in realtà virtuale, c’e stato l’incontro con Germano e Rashid. Ci sono andata vergine, non avevo avuto il tempo infatti di leggere nemmeno la trama e credo che questo sia stato un valore aggiunto perché ho partecipato allo spettacolo senza condizionamenti, sono stata d’accordo con Germano che diceva che bisogna tornare alla meritocrazia, che non tutti possono sempre dire la loro su tutto, che le privatizzazioni sono sbagliate e bisognerebbe ritornare all’amore per il proprio lavoro, senza considerarlo soltanto un mezzo di sostentamento e nel frattempo io riflettevo sul referendum sul taglio dei parlamentari, guardavo gli altri spettatori con il mio visore, soffrivo a causa della mascherina e in certi momenti facevo anche fatica a respirare, Germano ad un certo punto ha iniziato a parlare con un tono di voce più squillante e assertivo, strano mi sono detta, perché parla così, e diceva che tantissime aziende italiane sono in mano ad arabi e ad ebrei, sentivo crescere un senso di disagio, quando ha urlato che bisogna vietare i matrimoni misti ho capito tutti i segnali di allarme precedenti e ho osservato col visore il pubblico, in tanti applaudivano, io ero sotto choc, avevo trovato condivisibili tantissimi spunti dati e mi rendevo conto solo in quel momento che è così che accade, che sembra tutto logico e giusto, ma bisogna sempre cercare l’umano. A quel punto lo spettacolo ormai era urlato, un carosello di stereotipi e luoghi comuni, slogan e idee trite e ritrite fino a quando sul palco sono saliti ragazzi e ragazze coi cappucci tirati su e il pugno alzato e la bandiera con la svastica e poi immagini dei campi di concentramento e io ho pianto, sì perché non me l’aspettavo proprio e ho pianto dentro al visore e pure fuori. Poi Germano ci ha spiegato che siamo abituati a pensare in termini assoluti di bene e di male e noi ovviamente siamo sempre dalla parte del bene e invece no, col suo spettacolo ha voluto guidarci nel fare i conti con i nazifascismi che tutti abbiamo dentro, anche se diciamo di no. Credo che abbia ragione e ragionare per estremi non aiuta. Lo spettacolo è stato tratto dal Mein Kampf, la mia battaglia appunto. Lui stava ancora parlando che io sono purtroppo {ma anche per fortuna} dovuta scappare al Filatoio, in questi giorni c’è il Festival della fiaba e io la conferenza di apertura sulla Grande Madre non potevo proprio perdermela e via anche lì di bellezza estrema, la relatrice Amanda Louise Michele Arruzza ci ha parlato tanto di come è inevitabile e sublime attraversare il buio, non averne paura, perché la vita è un ciclo continuo di vita, morte, trasformazione e la natura ce lo insegna e oggi più che mai dobbiamo imparare ad ascoltarla. E poi amici, Bendésa, vino, tarocchi, letture, riflessioni, intuizioni…

insomma, non riuscivo proprio a prendere sonno ieri sera.

“Segnale d’allarme. La mia battaglia”, la Randagia col visore e le cuffie.
Foto Ennesimo Film Festival

Volevo dire che… parbleu

Un po’ di diario, oggi.

Ho ripreso finalmente a lavorare, in un posto che amo tantissimo, il San Paolo, pieno centro storico, un leccio e un banano come colleghi e colleghe vere che mi bacio i gomiti, attente, corrette, affettuose, positive, una rarità insomma, soprattutto nell’ultimo periodo. La regola è che devo tenere sempre la mascherina, ovvio, è solo che faccio fatica a tollerarla e mi ha generato un fastidioso reflusso da tosse, uffa. I bimbi però mi hanno stupita, ti guardano come che la mascherina non ci sia, vedono gli occhi e non hanno bisogno di altro, certo, io ho implementato di molto le carezze {igienizzatissime, parbleu} ma forse ne ho più bisogno io di loro, di sentirli vicini vicini nonostante queste distanze. Ai residenti e passanti del centro storico invece vorrei chiedere se per favore evitano di suonare i clacson ad cazzum e di venire ad urlare e a ridere sguaiatamente e men che meno a imprecare sotto le finestre del nostro nido perché dobbiamo tenere tutto aperto per areare sempre il dormitorio e se fate casino i bimbi si svegliano nonostante i carillon a buco che abbiamo messo. Merçi.

Benny mi ha chiesto di iscriversi ad un corso di hip hop, e io che credevo che per tutta la vita sarebbe rimasta la bambina timida e sfuggente che era!

Ieri sera nel parchetto due ragazzini facevano rutti degno del rutto sound e poi si confrontavano sulle prestazioni, non si finisce mai di imparare.

Qualche giorno fa invece l’ennesima lezione direttamente dalla Pragmatica della comunicazione umana di Watzlawich: driiin, driiin, “Pronto!”, “Ciao Massimo, sei andato dalla dottoressa?”, “No papà, ho appuntamento martedì prossimo…”, “E cosa ti ha dato, delle medicine nuove?”, “Ci vado martedì prossimo…”, “Stai meglio?”, “Insomma…”, “Bè, l’importante è che vada tutto bene dai! Ciao”. A volte mi sento così sola, sapete?

Il piccolo niente e il brodo di cappone

Ieri mentre tornavo dal volontariato all’Avis mi sono fermata in macelleria e ho preso il cappone per fare il brodo, perché a Fiorano l’8settembre è festa grande, è la festa della Madonna del santuario e si mangiano i tortellini in brodo

e stasera ho freddo, quindi credo che con un po’ di quel brodo mi farò i quadrettini con la terdura e se ci fosse ancora la Nonnina andrei proprio da lei a mangiarli.

Ieri sera la Benny ad una festa di compleanno ha bevuto il suo primo spritz mentre io riflettevo sui mostri che mi si agitano dentro quando mi sento tradita o peggio ancora abbandonata, ormai ho imparato a disintegrarli all’istante e non mi fanno più paura, ma ogni tanto ci devo ripensare, giusto per complimentarmi con me stessa per dove sono arrivata, rispetto al misero punto di partenza.

Domattina vado in ufficio a sbrigare alcune pratiche per riprendere a lavorare martedì, finalmente, badge, iban, riapertura della mail, quest’anno lavorerò con colleghe che stimo molto e non mi sembra neppure un vero lavoro, ma tant’è.

Speriamo che non si interrompa di nuovo tutto con un altro lockdown, non posso fare a meno di temerlo, purtroppo, anche perché ho un contratto ancora più a termine del solito, pandemia docet, pensato appositamente per staccarlo in caso di necessità, diciamo così. Nelle ultime settimane sono entrata diverse volte a contatto con l’invidia, che per fortuna non mi suscita mostri come tradimenti e abbandoni, anche perché fino ad ora non l’ho mai sperimentata, visto che mi sono sempre ritenuta un piccolo niente, che poi l’accento non è tanto sulla me da invidiare, che boh…, quanto sulla profonda infelicità che chi invidia di solito non vuole ammettere.

Nei prossimi giorni uscirà su un settimanale femminile una mia intervista su come si sopravvive ad un lutto, ma anche a due o tre, mi è piaciuto farla e voglio bene a chi me l’ha fatta, conosciuta un po’ per caso è diventata amica per forza, perché è impossibile non diventarlo quando ci si trova su corde così simili.

Vado a mangiare i miei quadrettini in brodo, trascorrete una buona settimana, mi raccomando 🤍🤍🤍