Un po’ di diario, oggi.
Ho ripreso finalmente a lavorare, in un posto che amo tantissimo, il San Paolo, pieno centro storico, un leccio e un banano come colleghi e colleghe vere che mi bacio i gomiti, attente, corrette, affettuose, positive, una rarità insomma, soprattutto nell’ultimo periodo. La regola è che devo tenere sempre la mascherina, ovvio, è solo che faccio fatica a tollerarla e mi ha generato un fastidioso reflusso da tosse, uffa. I bimbi però mi hanno stupita, ti guardano come che la mascherina non ci sia, vedono gli occhi e non hanno bisogno di altro, certo, io ho implementato di molto le carezze {igienizzatissime, parbleu} ma forse ne ho più bisogno io di loro, di sentirli vicini vicini nonostante queste distanze. Ai residenti e passanti del centro storico invece vorrei chiedere se per favore evitano di suonare i clacson ad cazzum e di venire ad urlare e a ridere sguaiatamente e men che meno a imprecare sotto le finestre del nostro nido perché dobbiamo tenere tutto aperto per areare sempre il dormitorio e se fate casino i bimbi si svegliano nonostante i carillon a buco che abbiamo messo. Merçi.
Benny mi ha chiesto di iscriversi ad un corso di hip hop, e io che credevo che per tutta la vita sarebbe rimasta la bambina timida e sfuggente che era!
Ieri sera nel parchetto due ragazzini facevano rutti degno del rutto sound e poi si confrontavano sulle prestazioni, non si finisce mai di imparare.
Qualche giorno fa invece l’ennesima lezione direttamente dalla Pragmatica della comunicazione umana di Watzlawich: driiin, driiin, “Pronto!”, “Ciao Massimo, sei andato dalla dottoressa?”, “No papà, ho appuntamento martedì prossimo…”, “E cosa ti ha dato, delle medicine nuove?”, “Ci vado martedì prossimo…”, “Stai meglio?”, “Insomma…”, “Bè, l’importante è che vada tutto bene dai! Ciao”. A volte mi sento così sola, sapete?
