Sta scendendo il fresco su un’estate che sto molto amando e anche profondamente odiando, ma d’altra parte sono abituata ad avere in me tutto e il suo contrario. Sono fatta così, ne sono consapevole, ma a volte faccio a pugni con me stessa ed esco dolorante dallo scontro, pur facendo tutto da sola. Quello di lasciar andare è uno sforzo continuo e mi stanca anche solo il ripensarci, ma in alcuni momenti non ho alternativa. Il dolore non cambia se non cambiamo noi. Non basta accettarlo perché smetta di fare male; si può solo lasciarlo andare, in tanti modi diversi… e a me capita di dover spesso inventare modi di lasciar andare il mio troppo e ogni tanto, come in questa estate, mi rimane tutto appiccicato. Troppa preoccupazione, troppa ansia, troppo essere sempre presente, troppo non trovare le parole giuste per dire, troppa negatività altrui da cui a volte non so proteggermi e la scambio per mia, troppi certificati di morte da rileggere, troppe pretese su di me, troppa roba da stirare, troppo caldo, troppa luce… Troppo! Per fortuna poi la mia Amica Ceci mi spiega come raccogliere i semi delle roses trèmiéres trovate per caso su un ponte antico in Appennino. E poi faccio scorpacciate di porcini, mirtilli e vino buono e trovo che questo spesso abbia il potere di rimetterti al mondo con un sorriso, soprattutto se sei con chi ami, con chi vale la gioia e la fatica che spendi per loro. Per fortuna posso camminare in montagna lasciando entrare in me l’aria e i passi di bambina. La felicità è un equilibrio delicato e serve tanta cura per far andare d’accordo le rose con il dolore.
Sono come sono, scrive la mia Amica Elisa Minetti nel suo Scarabocchio. Bisogna sempre ricordarsi di essere come si è!