Questa è un’estate molto dolce,
lenta e sostenibile, per me prima di tutto,
dopo tante estati, e non solo, insostenibili, in cui nulla andava come volevo, che poi chissà se sapevo davvero cosa volevo, mah.
Spesso capita di lamentarsi perché è più facile che impegnarsi anche solo per comprendere di che cosa abbiamo bisogno e di che cosa non abbiamo bisogno.
Ieri sera davanti ad un bel calice di ribolla dicevo alla mia amica Eli che pochissime cose mi hanno insegnato tanto come il lock down appena trascorso e la serenità che riesco a conservare oggi a febbraio era utopia. Sì perché quando sei costretta a fermarti, quasi inevitabilmente fai i conti con te stessa e quando non hai la possibilità di fare altro, quell’altro che spesso a torto ti determina, l’ho già scritto, quel fare senza fermarti mai e tu diventi ciò che fai, allora puoi decidere di riempire le molte ore della giornata di ciò che ami e ti fa stare bene e scopri un mondo quasi sconosciuto dentro, un mondo a cui ora non rinunceresti mai.
Durante i mesi di quarantena ho buttato giù tanti muri che credevo mi proteggessero e invece mi limitavano e basta,
ho scoperto il valore inestimabile del dono, del fare senza aspettarsi nulla in cambio,
dell’esserci e basta e del coltivare amicizia ovunque, ben oltre le purtroppo comuni dinamiche del mi servi ed eccomi qui.
È un’estate piena di lucine e calici, colori e risate, libri e panini alla mortadella, sabbia e ghiaia, assioli e rondinelle, tende di cotone che svolazzano e rose che continuano a sbocciare, stelle e lune, menta e basilico, smalti rosa e rossi, progetti e fiducia.
Possiamo essere stelle/ anche una notte soltanto – un tempo ero croce, / ora sono pianeta – e credo / che quando la vita si ferma / poi, ricomincia. Stefano Serri in Cerco casa.
