Domenica mi aggiravo fra tessuti, fili, tazze, lettere di tipografie, collane quando improvvisamente un timbrino in mezzo a decine di altri ha attirato la mia attenzione. Sono però passata oltre, sapete no che non riesco mai a decidermi subito e così me ne vado tentennando, per poi ritornare quando le cose mi sono rimaste dentro e capisco di volerle davvero! Le parole hospes comesque mi sono rimaste dentro e volevo capirle meglio, comprendere che cosa mi stavano raccontando ora. La creatrice del timbrino, che poi ho acquistato, mi ha spiegato che le ha tratte dall’epitaffio ufficiale nel quale l’imperatore Adriano ha rivolto queste parole alla sua Anima e significano compagna e ospite (del corpo). Ho scoperto poi che esiste anche un libro scritto da Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano, che io non conoscevo, che ha aggiunto un pezzetto all’epitaffio:
Piccola anima smarrita e soave, compagna e ospite del corpo, ora t’appresti a scendere in luoghi incolori, ardui e spogli, ove non avrai più gli svaghi consueti. Un istante ancora, guardiamo insieme le rive familiari, le cose che certamente non vedremo mai più… Cerchiamo d’entrare nella morte a occhi aperti…
È quasi Pasqua, una festa che amo tantissimo perché ci insegna la resurrezione quotidiana, quel miracolo che l’imperatore Adriano ancora purtroppo non conosceva. Ogni giorno dobbiamo scegliere fra ciò che ci restituisce vita e ciò che invece è bene lasciare nel sepolcro, trattando la nostra anima da compagna e ospite preziosa.
(Timbrino di Laura, La cor:nice)